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Аллори КристофаноАлло́ри Кристофа́но (итал. Cristofano Allori, 17.10.1577, Флоренция— 2.04.1621, там же), ит. (флорентийский) живописец. Прозванный Младшим Бронзино, сын Алессандро Аллори, ученик сперва этого художника, а потом Санти ди Тито, Чиголи и Грегорио Пагани. Увлекшись эклектическим направлением, данным флорентийской школе последними двумя из названных мастеров, он стремился в своих произведениях к блеску красок, в эффектной игре светотенью, к большой рельефности изображенного, что вполне удалось ему только в немногих картинах, каковы, например, его знаменитая Юдифь (в галерее дворца Питти, во Флоренции; повторение — в Венском музее, прекрасная старинная копия в Императорском Эрмитаже; заглавная героиня написана с подруги художника, а голова Олоферна, как предполагают, с него самого), «Св. Юлиан Странноприимец» (в галерее Питти), «Иоанн Креститель в пустыне» (там же), «Кающаяся Мария Магдалина» (в галерее Уффици, во Флоренции), «Младенец-Христос, спящий на кресте» (там же) и «Изабелла Арагонская у ног Карла VIII» (Лувр, Париж). Сохранилось несколько отличных портретов, вышедших из-под кисти А. Allori Cristofano (Firenze, 17 ottobre 1577 – Firenze, 1 aprile 1621) è stato un pittore italiano, figlio di Alessandro Allori. Allori nacque a Firenze da Maria e dal pittore Alessandro di Cristofano Allori, allievo e pupillo del noto Agnolo di Cosimo, detto il Bronzino, appellativo che egli aveva ereditato dal maestro e che trasmetterà anche al figlio. Alessandro, che dopo la morte del Bronzino (1572) e del Vasari (1574) poteva vantarsi di essere tra i primi pittori di Firenze e di godere di grande considerazione a corte, lo prese molto presto nella sua bottega, tanto che già nel 1590 Cristofano firmava la sua prima tela, un acerbo Ritratto del conte Ugo di Toscana. Nella bottega assimilò il disegno paterno, si dedicò a copiare le tele di Raffaello e difra Bartolomeo, a studiare le opere del bronzino e del Ligozzi, impegnandosi nel ritratto: quello di Francesco e Caterina de' Medici è del 1596. Cristofano, che guardava agli esempi del Cigoli e di Santi di Tito, con gli anni e con il mutare del gusto che esigeva ora un tratto e un colorito più morbido, si mostrava insoddisfatto della maniera michelangiolesca e delle fredde colorazioni del padre, che prese a male quelle sue critiche che parevano screditarlo; da parte sua, Cristofano «era solito rispondere a chi gliene parlava, che suo padre nell'arte della pittura era eretico», sicché, in un giorno del 1600, se ne andò a dipingere nella bottega di Gregorio Pagani (1558-1605), esponente della scuola fiorentina del tardo manierismo, che cercava di unire il ricco colore dei veneziani con l'attenzione al disegno tipica dei fiorentini. Il Beato Manetto che risana uno storpio muto è il primo frutto della sua attività indipendente dal padre - raffigurato, secondo il Baldinucci, nella figura del Manetto, «canuto vecchio con piccola barba» - e, benché uscito dalla bottega del Pagani, «il quadro non offre che tenui tracce dello stile di Gregorio: le parti essenziali, come l'andamento compositivo e la materia pittorica densa e intrisa di luce, dimostrano il ruolo decisivo e tradizionalmente riconosciuto che il Cigoli ebbe in questa prima maturazione di Cristofano» senza dimenticare la «severità concentrata» dei volti, tipica del Passignano. Le sue opere si distinguono per la loro stretta aderenza alla natura e per la delicatezza e la perfezione tecnica della loro esecuzione. La sua abilità tecnica è dimostrata dal fatto che alcune copie di dipinti del Correggio sembrano essere stati realizzati proprio dal Correggio stesso. La sua estrema pignoleria ha limitato il numero delle sue opere. Diversi opere sono esposte a Firenze. Il suo capolavoro è probabilmente la Giuditta con la testa di Oloferne. Esiste in due copie a Palazzo Pitti a Firenze e nella Queen's Gallery di Londra. Il modello per la Giuditta fu la sua amante, la bellaMazzafirra, che è rappresentata anche nella Maddalena, e la testa di Oloferne è generalmente considerato un autoritratto. Alla tela di Allori che ritrae Giuditta e Oloferne fa ripetutamente riferimento lo scrittore Michele Mari nel suo romanzo Rondini sul filo (1999).
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