Центральный Дом Знаний - Alessandro Magno 2

Информационный центр "Центральный Дом Знаний"

Заказать учебную работу! Жми!



ЖМИ: ТУТ ТЫСЯЧИ КУРСОВЫХ РАБОТ ДЛЯ ТЕБЯ

      cendomzn@yandex.ru  

Наш опрос

Я учусь (закончил(-а) в
Всего ответов: 2690

Онлайн всего: 1
Гостей: 1
Пользователей: 0


Форма входа

Логин:
Пароль:

Alessandro Magno 2

Parmenione fu mandato in avanscoperta e a fatica riuscì a controllare il passo di Kara-kapu, Alessandretta ed una parte di Isso; Alessandro lo raggiunse successivamente.

A novembre, infine, il re persiano, temendo che l'inverno lo costringesse a ritirarsi nei quartieri invernali senza aver fermato Alessandro, gli venne incontro. Entrambi non sapevano esattamente dove si trovasse l'altro. Arrivato ad Isso, Dario trovò solo gli uomini abbandonati dal re avversario, in quanto non erano più utili all'imminente battaglia perché feriti o malati; il suo nemico si trovava a sole quindici miglia circa più a sud. 

Fiducioso della superiorità numerica del suo esercito, Dario si spostò alle spalle del nemico, nella pianura costiera di Isso, l'odierna Dorto; la sua idea era quella di spezzare l'esercito greco, confidando che l'alto numero dei soldati reclutati lo avrebbe portato alla vittoria anche su un terreno meno favorevole, nella ristretta pianura chiusa tra i monti del Tauro, il mare e il fiume Pinaro,  dove poterono essere schierati non più di 60.000 fanti, 30.000 cavalieri, altri 20.000 uomini e dietro a loro 30.000 mercenari greci.  Il tutto equivaleva per capacità alla falange macedone.  Ancora più dietro vennero schierati altri soldati, mentre Dario occupava il centro come loro usanza,  su un carro con 3.000 uomini posti a guardia. Alla sinistra si posero 6.000 arcieri e 20.000 fanti sotto il comando diAristomede.  

Alessandro incitò i suoi uomini affermando che dopo questa vittoria non ci sarebbero stati altri ostacoli alla conquista dell'intera Asia. 

Lo scontro iniziò alle cinque e mezzo del primo novembre. Alessandro schierò le truppe al comando dei vari Ceno, Perdicca, Meleagro, Tolomeo, Aminta e Nicanore. Cratero occupava l'ala sinistra comandata da Parmenione, a cui era stato dato l'ordine tattico di non allontanarsi dal mare.  Erano inoltre presenti come supporto le unità comandate da Sitalce, mentre alla destra si trovavano Aristone, Protomarco, gli arcieri di Antioco, gli hetaîroi e all'estrema destra presiedeva Attalo; altri ancora erano Pereda e Pantordano.

Alessandro guidò direttamente la carica con la cavalleria leggera sull'ala destra, proprio ai piedi delle montagne: corse verso il lato sinistro dei Persiani superando gli sbarramenti posti da arcieri, fanteria leggera e cavalleria pesante, mentre la falange, meno veloce nei movimenti, si stava lentamente arrendendo al nemico che la attaccava da ogni parte,  mentre i cavalieri tenevano a bada i mercenari greci. Alessandro raggiunse quasi il sovrano persiano e si dice cercò di colpirlo, non riuscendoci, con una lancia. Dario decise di ritirarsi, costretto a lasciare il suo carro e a darsi alla fuga su un cavallo, abbandonando anche lo scudo,  mentre suo fratello Ossatre rimase a combattere sino alla morte.

La battaglia si concluse con una completa disfatta dei Persiani, tra i quali si contarono oltre 110.000 morti  fra cui ufficiali quali Savace (satrapo d'Egitto), Arsame, Reomitre e Atize, i quali avevano già combattuto in passato contro l'avanzata macedone uscendone in salvo. Circa 8.000 mercenari greci decisero di fuggire verso Tripoli.  Aminta, il disertore macedone, trovò la morte poco dopo.

Fra i Macedoni si contarono 150 perdite, tra cui 32 fanti, mentre i feriti erano oltre 500.  Callistene menziona che i morti furono 302, anche se appaiono cifre poco credibili considerando i continui attacchi subiti.  Lo stesso Alessandro venne ferito ad una coscia.

Vennero catturati, oltre ad un immenso bottino, anche alcuni familiari di Dario tra cui sua madre Sisigambi, sua moglie Statira I e le sue figlie Statira II e Dripetide.  Il Grande Re perse le sue migliori truppe, quasi tutti i più validi ufficiali del suo esercito e soprattutto il proprio prestigio di condottiero, distrutto dalla sua precipitosa fuga davanti al nemico.

Si racconta che, udendo delle grida disperate, il re macedone uscì dalla sua tenda chiedendo chi si lamentasse a tal punto; appreso che i pianti provenivano dalla moglie e dai bambini di Dario, i quali credevano che il loro caro fosse morto in battaglia, decise di tranquillizzarli incaricando Leonnato di dire loro che Dario era ancora vivo e che sarebbero stati trattati bene in quanto non era a loro che aveva mosso guerra Alessandro. Tale episodio è stato oggetto di numerosi dipinti, realizzati da artisti quali Paolo Veronese, Charles Le Brun, Giambattista Tiepolo, Andrè Castaigne e Christophe Veyrier.

Il giorno successivo Alessandro andò con Efestione a far visita alle prigioniere. In quell'occasione Sisigambi non seppe riconoscere chi dei due fosse il re, rendendo omaggio alla persona sbagliata. Un servo le fece notare l'errore e il conquistatore macedone per evitarle l'imbarazzo le disse di non preoccuparsi in quanto entrambi erano Alessandro;  il condottiero, adeguandosi a come già aveva fatto con Ada tempo addietro, iniziò a rivolgersi alla regina persiana chiamandola madre. 

Visitò i feriti, pur essendo lui stesso uno di loro, e onorò ogni soldato che si fosse distinto durante la battaglia offrendo ricompense adeguate. 

Giunto a Marato, il conquistatore macedone ricevette alcuni ambasciatori inviati dal re persiano; questi chiedevano la pace e il riscatto dei prigionieri. Gli ambasciatori erano accompagnati da una lettera con la quale si ricordava ad Alessandro che, ai tempi del padre Filippo, la Macedonia e la Persia erano state alleate e furono i Macedoni ad infrangere per primi tale alleanza. 

Alessandro rifiutò le proposte di pace di Dario preferendo la via della conquista all'accontentarsi dei numerosi territori fino a quel momento assoggettati. Invece di proseguire immediatamente verso l'Asiapreferì entrare in Egitto al fine di coprire le spalle al suo esercito prima della spedizione successiva. 

Parmenione poi fu inviato a Damasco, dove riuscì a racimolare 2.600 talenti  e 500 libbre d'argento, con i quali riuscì a pagare ogni debito contratto con l'esercito. Parmenione riportò con sé anche 329 musiciste e quaranta «fabbricanti di profumi», oltre ad uno scrigno in cui Alessandro nascose la sua copia dell'Iliade e Barsine, figlia di Artabazo (che discendeva da una figlia di un re) e vedova del generale Memnone,  che divenne una delle compagne dello stesso re macedone, da cui ebbe un figlio, Eracle. 

Dopo la vittoria lo stesso Alessandro scrisse una lettera a Dario con la quale gli comunicò che avrebbe dovuto chiamarlo «signore di tutta l'Asia» e che avrebbe potuto ottenere il riscatto della moglie e dei figli se fosse venuto di persona a chiederlo. Nel caso in cui il sovrano persiano non l'avesse riconosciuto superiore a lui ci sarebbe stato un nuovo combattimento. 

Alessandro si dedicò quindi alle città costiere per eliminare le ultime basi della flotta persiana. Si sottomisero senza opporre resistenza Arado, Biblo e Sidone con le loro flotte navali, mentre Tiro, che per allearsi o meno attendeva di capire chi stesse vincendo fra i due schieramenti,  non fu benevola come le precedenti. Il re cercò in un primo momento di convincerli a farli entrare in città con il pretesto di voler rendere omaggio ad una loro divinità, Melqart; loro tuttavia non acconsentirono e gli venne suggerito di recarsi nella parte vecchia della città dove vi era un tempio apposito. In questo modo avrebbero quindi evitato la parte nuova, quella che invece interessava al macedone.  Il conquistatore inviò loro dei messaggeri che furono tutti uccisi, violando il codice non scritto. Era il mese di febbraio dell'anno 332 a.C.

La città oppose un'accanita resistenza, forte anche del fatto che Cartagine aveva promesso di inviare presto soccorsi. La parte nuova era ubicata su un'isola vicino alla costa (si parlava di una distanza di 700 metri); Alessandro pensò dunque di utilizzare dei detriti dell'antica città continentale, distrutta anni prima da Nabucodonosor II(dopo un assedio di tredici anni), per unire l'isola alla costa rendendola dunque una penisola, usando anche alberi, legname a cui venivano alternati strati di macigni e detriti.  Intanto racimolò, durante un viaggio che lo portò anche a Sidone, una piccola flotta composta da 224 navi, fra cui alcune quinquiremi del re Pnitagora, sovrano dei ciprioti  a cui il conquistatore donò una miniera di rame. Oltre a loro riuscì ad aggiungere alle sue fila anche 4.000 mercenari comandati da Cleandro.

L'assedio durò sette mesi (dal febbraio del 332 a.C. sino a luglio-agosto). Fra le varie idee utilizzate vi fu quella di due navi unite a prua che trasportavano degli arieti. La resistenza dei Tiri fu eroica: riparavano ogni breccia creata, gettavano pietre contro le navi che trasportavano gli arieti (anche se tali massi furono raccolti e catapultati lontano dagli assalitori), tagliavano le corde che reggevano le ancore anche con l'uso di palombari (in seguito furono sostituite da catene).  Inoltre, dato il gran numero di tecnici e ingegneri presenti nella città, costruirono facilmente tante nuove macchine da guerra per opporsi con più efficacia all'assedio; a loro si contrapponeva, nella costruzione di macchine all'avanguardia, un solo inventore tessalo, Diade.

Giunse un'altra lettera da Dario, una proposta di pace, probabilmente durante l'assedio a Tiro.  Questa volta alla proposta erano allegati molti doni fra cui 10.000 talenti, la mano di sua figlia e il possesso di un vasto territorio sino all'Eufrate. Vi fu qui una celebre conversazione fra Parmenione e Alessandro: «Se io fossi Alessandro, accetterei la tregua e concluderei la guerra senza più correre altri rischi». «Lo farei se fossi Parmenione; ma io sono Alessandro e come il cielo non contiene due soli, l'Asia non conterrà due re». 

Fu probabilmente la notizia della morte della moglie, avvenuta durante il travaglio di un nuovo nascituro, a far cambiare idea al re.  Infatti, saputo del secondo rifiuto, Dario si dedicherà a radunare un esercito ancora più vasto del precedente. Nel frattempo la flotta navale macedone sconfisse molti dei suoi nemici, fra cui Carete, fuggito tempo addietro dalla Grecia stessa.

Gli abitanti di Tiro vennero informati che i rinforzi da Cartagine non sarebbero giunti e di conseguenza escogitarono altre difese ancora più cruente, fra cui quella di gettare dalle mura sabbia e fango bollente che una volta entrate nelle armature degli assedianti avrebbero causato ustioni.  Si dice che Alessandro abbia avuto dei dubbi sulla prosecuzione dell'assedio; alla fine scelse di continuare ciò che aveva iniziato, dato che una rinuncia sarebbe stata una testimonianza troppo grande della sua non invincibilità. 

Plutarco racconta che, giunti all'ultimo giorno del mese di agosto, l'indovino Aristandro predisse, dopo aver interpretato i segni che il cielo stava dando, la conquista della città entro la fine del mese; Alessandro quindi decise che quel giorno non era più il trenta ma il ventotto del mese.  Alla fine di agosto le navi di Alessandro subirono un pesante attacco e quelle di Pnitagora, Androclo ePasicrate, dopo essere state speronate, affondarono l'una dopo l'altra. Non appena il macedone si accorse di quanto stava accadendo ordinò alle navi più vicine di avvicinarsi al molo nemico impedendo così l'uscita di altri convogli e permettendo di concentrare l'azione su quelli rimasti.  I Macedoni utilizzarono a quel punto varie tattiche: l'attacco ad entrambi i porti, un diversivo con una piccola unità navale e l'attacco decisivo alle mura. L'offensiva fu inizialmente guidata da Admeto, ammiraglio della nave del re, poi ucciso in quella battaglia.  Successivamente l'attaccò fu guidato da Alessandro in persona. Per paura della sconfitta imminente ci fu chi preferì uccidersi. La città infine cadde e le perdite macedoni furono in quell'attacco circa una ventina, che si sommano alle circa quattrocento nel corso di tutto l'assedio. 

In quest'occasione si vide la furia del re: fece uccidere 8.000 cittadini (di cui 2.000 vennero crocifissi)  e molti di più furono ridotti in schiavitù o venduti; si mostrò tuttavia benevolo con chi aveva trovato riparo nei templi, fra cui il re di Tiro, Azemilco. Alessandro fu dunque di parola e sacrificò, come aveva chiesto di fare in precedenza al dio locale, la catapulta che aveva fatto per prima breccia nella città. 

La data della caduta della città è controversa: Arriano cita il mese di luglio, all'epoca in cui si distingueva come magistrato d'Atene Aniceto.

Dopo Dor e Ashdod arrivò il turno di Gaza, comandata da Batis (o Bati) che si oppose alla conquista. Alessandro fece trasportare le macchine da guerra utilizzate in precedenza e alle proteste dei suoi uomini replicò, dopo aver osservato le possenti mura della fortezza scoscesa, che più un'impresa appariva impossibile a maggior ragione doveva essere compiuta per stupire alleati e nemici. Iniziò dunque la costruzione di gallerie, impresa facile vista la conformità del terreno.

Nel contempo decise di fare costruire torri più alte delle mura nemiche in modo da poterle colpire dall'alto grazie all'utilizzo di catapulte (le elepoli non riuscivano ad avvicinarsi abbastanza). Per utilizzarle occorreva prima costruire un terrapieno; nonostante i Macedoni avessero a disposizione solo fango e sabbia vi riuscirono in pochi mesi.  Batis diede l'ordine ai suoi uomini di incendiare le macchine nemiche, ma i soldati che uscirono dalla fortezza furono attaccati. Durante questa azione Alessandro fu raggiunto da un colpo di catapulta. Si riparò con lo scudo ma l'impatto fu così forte da romperlo, trafiggendo l'armatura e ferendolo ad una spalla. Questo episodio era stato predetto dall'indovino che aveva visto la vittoria del macedone. 

Il re non aspettò che la ferita guarisse, ma ritornò alla battaglia; durante l'assedio la ferita riprese a sanguinare e a gonfiarsi, ma il condottiero abbandonò il campo solo quando stava per svenire. Il terrapiano che venne costruito raggiunse un'altezza di 75 metri, una piccola montagna eretta durante l'estate;  da quell'altezza, anche se si cercò di alzare le mura della città, i nemici furono facili bersagli delle macchine nemiche. Inoltre, grazie alle gallerie scavate, le mura vennero fatte cadere.  Quasi tutti gli uomini della città morirono mentre i restanti diventarono schiavi. Si racconta che il destino di Batis, che durante i combattimenti venne ferito più volte,  ricordasse per similitudine quello di Ettore; infatti, analogamente al condottiero troiano, venne legato al carro di Alessandro e trascinato; molte aggiunte apportate ai resoconti dopo la morte di Batis rendono l'accaduto più tragico. La città venne poi ripopolata.

Gerusalemme aprì le porte e si arrese. Secondo Giuseppe Flavio, ad Alessandro fu mostrato il libro biblico di Daniele, si pensa l'ottavo capitolo, dov'è indicato che un potente re macedone avrebbe assoggettato l'Impero Persiano. 

Nel novembre del 332 a.C. Alessandro iniziò il viaggio verso l'Egitto; superato dopo tre giorni il deserto e il lago Serbonide, giunse in quelle terre venendo accolto come un liberatore e facendosi consacrare faraone: qui, infatti, il giogo persiano era maggiormente avvertito e poco accettato, poiché solo dodici anni prima il popolo era libero dal potere dei Persiani. 

La conquista dell'Egitto non era stata concordata con la lega di Corinto quindi il re macedone non poté unirla con il resto delle sue conquiste. Inoltre si astenne dal nominare un satrapo al quale preferì la collocazione strategica di alcune sue guarnigioni in posti chiave come Menphi e Pelusio. Per la gestione amministrativa del territorio furono scelti due nomarchi, Doloaspi e Petisi, mentre l'amministrazione delle finanze fu affidata ad un greco residente in Egitto, Cleomene di Naucrati.  Assegnò ai suoi uomini cariche militari ma non civili. Durante la sua marcia apprese delle varie vittorie riportate dagli alleati: Lesbo, Tenedo e Cos erano ora in mano sua.

Dimostrò grande rispetto per gli dei egiziani  e una profonda devozione per Ramses II, suo mito e icona, in onore del quale costruì una stele; a Menphi fece un sacrificio al bue Api, ingraziandosi così i sacerdoti egiziani:  tempo addietro, durante la riconquista persiana del territorio egiziano, Artaserse III uccise un toro sacro e ne divorò la carne, mentre il re macedone con questo gesto conquistò la fiducia del popolo. 

All'inizio del 331 a.C., sulle rive del Nilo, Alessandro decise di edificare una grande città che testimoniasse la sua grandezza; si racconta però che dopo un sogno, nel quale gli furono recitati alcuni versi dell'Odissea sull'isola di Faro, decise di costruirla nella regione del Delta del Nilo su una stretta lingua di terra tra la palude Mareotide ed il mare. Egli stesso disegnò la disposizione di piazze e mura da costruire  (le linee del disegno furono tracciate sul suolo utilizzando della farina). 

La città venne chiamata Alessandria d'Egitto. Il progetto topografico fu realizzato dal celebre architetto dell'epoca Dinocrate di Rodi  con la collaborazione di Cleomene da Naucrati. Le indicazioni fornite dal re macedone vennero rispettate. Fu la prima delle molte città a cui diede il suo nome. 

In seguito Alessandro (o forse prima, secondo alcuni studiosi)  decise di andare a far visita al celebre santuario oracolare di Amon (l'equivalente di Zeus secondo la mitologia greca). Per raggiungerlo dovette percorrere 200 miglia fino a quella che in seguito verrà chiamata Marsa Matruh, recandosi dunque all'oasi di Siwa nel deserto libico. Del viaggio si raccontarono gli episodi più incredibili, come i corvi che gracchiavano avvertendo i viaggiatori che avevano intrapreso la strada sbagliata o quello, riferito da Tolomeo, dei serpenti parlanti che gli avrebbero fatto da guida. 

Questo viaggio fu forse intrapreso perché Alessandro sapeva che lo avevano compiuto in precedenza Perseo ed Eracle.  I resoconti vennero scritti venti mesi dopo l'accaduto, quindi il dialogo intercorso potrebbe essere stato inventato conoscendo i successivi avvenimenti favorevoli al Dio Alessandro. 

Le domande che pose furono più di una: chiese se avesse vendicato la morte del padre ma gli venne risposto che non si trattava di suo padre in quanto lui era una divinità.  Allora riformulò la domanda chiedendo se degli uccisori di Filippo vi era rimasto qualcuno ancora in vita e se sarebbe diventato signore degli uomini. La risposta fu positiva per entrambe le richieste. Si narra che in quell'occasione l'oracolo compì un piccolo errore di pronuncia dicendo «paidios» (figlio di Zeus) invece di «paidion» (figlio), offrendogli in tal modo un punto di partenza per l'istituzione di un culto divino incentrato sulla sua persona. Davanti ai suoi alleati non volle però vantare questa discendenza.

Arriano differisce da questa narrazione rivelando che il re macedone non pose le domande sopra citate  ma supponeva che avesse chiesto, per via di indizi lasciati quattro anni dopo l'incontro, quali divinità avesse dovuto ingraziarsi per trionfare sui suoi nemici.

Dopo un anno di sosta nel regno egiziano ritornò in Asia. Nel frattempo giunsero rinforzi inviati da

Nella primavera del 331 a.C. Alessandro riprese la marcia verso oriente dove Dario aveva radunato un esercito nelle pianure dell'Assiria. Qui il sovrano persiano avrebbe potuto sfruttare al meglio la propria superiorità numerica.

L'armata macedone doveva attraversare l'Eufrate e quindi passare per Tapsaco. Superato il fiume vi erano due strade possibili: la prima portava direttamente a Babilonia, mentre l'altra portava prima a nord e poi, una volta superate le colline, tornava a sud raggiungendo la stessa meta.  L'idea di Dario era quella di costringere il suo avversario a raggiungerlo, inducendolo a non fargli prendere la via diretta per Babilonia, la quale avrebbe fatto evitare lo scontro. Parte dell'esercito persiano venne inviato a Tapsaco per la costruzione di un ponte mentre il satrapo Mazeo, con qualche migliaio di uomini, doveva impedire all'esercito di Alessandro di prendere la via sbagliata. I due eserciti si diedero battaglia fino a che Mazeo abbandonò la lotta. Nonostante il ritiro dei soldati persiani l'esercito macedone andò comunque verso nord cercando un clima più favorevole. 

A Mazeo venne affidato anche il compito di bloccare i rifornimenti di cibo ai Macedoni. Bruciò per questo campi e città ma i rifornimenti furono comunque possibili usando il corso del fiume per un trasporto veloce.  Alessandro allora decise di attaccare l'esercito avversario temendo che potesse rifugiarsi in terre a lui maggiormente ostili. 

Il 20 settembre ci fu un eclissi lunare e il re macedone ne approfittò per opportuni sacrifici. Il Tigri fu guadato dall'esercito di Alessandro senza subire alcun attacco dal nemico.  Durante la prosecuzione della marcia più volte si ebbero falsi avvistamenti dell'esercito persiano, come quello del 25 settembre;  nello stesso giorno, grazie alla confessione di alcuni prigionieri, i soldati macedoni vennero a sapere che Dario e i suoi uomini erano vicini. 

Alessandro si fermò ad organizzare i suoi uomini per quattro giorni, fino alla sera del 29 settembre. Decise di aspettare l'alba per intraprendere l'attacco, nonostante i suoi consiglieri suggerirono di effettuare le prime mosse di notte. Il re si rifiutò affermando che «non ruba le vittorie»,  uccidendo la sera stessa una vita sacrificandola alla paura.  Successivamente cadde in un sonno talmente profondo che Parmenione si preoccupò a tal punto da chiedere al proprio re come mai dormisse come se avesse già vinto lo scontro imminente. Alessandro rispose che la battaglia era già praticamente vinta in quanto ci si doveva scontrare con un esercito che cercava di evitare ogni contatto. 

Il contatto con l'esercito di Dario avvenne all'alba del 1º ottobre,  anche se non tutti gli studiosi sono concordi con tale data. Alcuni citano quella del 30 settembre.  Lo scontro avvenne presso il villaggio di Gaugamela (poi Tell Gomel), nei pressi delle rovine di Ninive e non ad Arbela  come qualcuno sosteneva. 

segue

Loading

Календарь

«  Май 2024  »
ПнВтСрЧтПтСбВс
  12345
6789101112
13141516171819
20212223242526
2728293031

Архив записей

Друзья сайта

  • Заказать курсовую работу!
  • Выполнение любых чертежей
  • Новый фриланс 24